Quando il trasporto di rifiuti deve essere considerato attività professionale?

Il trasporto professionale di rifiuti non viene definito espressamente nel D.lgs. 152/2006 e s.m.i., noto anche come Testo unico ambientale (TUA).

EcoCamere segnala però che per orientarsi si possono però prendere in considerazione, come parametri di riferimento, la sentenza della Corte di Giustizia UE del 9 giugno 2005 e la disciplina generale del trasporto prevista dallo stesso TUA.

Il trasporto dei rifiuti a titolo professionale

Trasportano rifiuti a titolo professionale non solo le imprese che ne fanno la principale ed esclusiva attività, ma anche le imprese che trasportano rifiuti come attività ordinaria e regolare, anche autoprodotti.

Anche queste aziende dovranno quindi iscriversi all’albo Gestori Ambientali.

La sentenza della Corte di Giustizia UE 9 giugno 2005

La sentenza della Corte di Giustizia UE del 9 giugno 2005 (causa C 270/03), che ha visto l’Italia condannata per contrasto con la normativa europea, ha precisato che “la nozione di trasporto di rifiuti a titolo professionale contenuta nell’art. 12 [della Direttiva 91/156/CEE] si riferisce non solo a coloro che trasportano, nell’esercizio della loro attività professionale di trasportatori, rifiuti prodotti da terzi, ma anche a coloro che, pur non esercitando la professione di trasportatori, nondimeno trasportino nell’ambito della loro attività professionale rifiuti da essi stessi prodotti. […] La previsione che il trasporto sia effettuato a titolo professionale significa che l’attività di trasporto di rifiuti, sebbene l’art. 12 non disponga che essa deve costituire l’attività esclusiva, e neppure principale, delle imprese di cui trattasi, deve rappresentare un’attività ordinaria e regolare di tali imprese”. 

La Corte ha concluso affermando che “l’art. 12 della Direttiva assoggetta a un obbligo d’iscrizione gli stabilimenti o le imprese che, nell’ambito delle loro attività, provvedono in via ordinaria e regolare al trasporto di rifiuti, a prescindere dal fatto che tali rifiuti siano prodotti da terzi o da esse stesse. Non risulta, peraltro, da alcuna disposizione della Direttiva che tale obbligo ammetta deroghe fondate sulla natura o sulla quantità dei rifiuti.”

EcoCamere precisa quindi che anche le imprese che effettuano la raccolta e il trasporto dei rifiuti in conto proprio svolgono, a tutti gli effetti, un’attività professionale.

Trasporto di rifiuti non professionale

Non si considerano invece attività professionali: 
  – il trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico (art. 193, comma 4 del TUA);
  – il trasporto di rifiuti non pericolosi effettuato dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di 30 kg o 30 litri (art. 193 comma 4 del TUA)
  – il trasporto da parte di imprese agricole effettuato occasionalmente e saltuariamente per i propri rifiuti nell’ambito di circuiti organizzati di raccolta (art. 193 comma 4bis e art. 212 comma 19bis del TUA). 

Il trasporto occasionale di rifiuti non controllato è reato

Nel caso di trasporti occasionali di rifiuti che non abbiano i caratteri descritti in precedenza, spiega ancora EcoCamere, l’assenza dell’obbligo di iscrizione non significa che le imprese possano effettuare eventuali trasporti episodici di rifiuti senza alcun controllo.

Fuori dalle condizioni stabilite esplicitamente dalla legge, anche un solo trasporto di rifiuti da parte dell’impresa che li produce integra reato.

Si può quindi concludere che il trasporto di rifiuti viene considerato in generale un’attività professionale, a meno che non si tratti di attività di trasporto saltuario ed occasionale, legittimo solo nelle ipotesi specificate dal legislatore.


Norme di riferimento trasporto di rifiuti professionale

DECRETO LEGISLATIVO 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale. 

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 18 marzo 1991 (91 /156/CEE) che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti

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