Analisi dei rischi e prevenzione nelle centrali idroelettriche

Un documento Inail riporta utili suggerimenti sulle misure di prevenzione per tutelare gli addetti alla gestione e alla manutenzione di dighe e centrali idroelettriche, con un’attenzione particolare alla questione ambientale.

In Italia si contano oltre 500 strutture diga, oltre a circa 10.000 dighe di dimensioni ridotte.

È imperativo che tali infrastrutture siano dotate di “sistemi di sicurezza idonei per intervenire prontamente in caso di guasti, evitando che eventi naturali o malfunzionamenti minori possano arrecare danni ai lavoratori o all’ambiente circostante”. Oggi, rispetto al passato, è possibile monitorare automaticamente la stabilità delle pendici, i livelli delle acque e altri parametri, attivando, in situazioni di emergenza, lo svuotamento controllato del bacino o altre misure di sicurezza. Inoltre, è possibile sorvegliare attentamente l’efficienza degli impianti mediante autoverifiche o ispezioni previste per legge, effettuate dagli enti competenti, tra cui l’Inail.

Non va dimenticato che le dighe ospitano numerosi impianti e attrezzature che richiedono la segnalazione e la successiva verifica da parte degli esperti dell’Inail.

A sottolineare tali aspetti è un recente documento informativo, un factsheet, curato dal Dipartimento per le innovazioni tecnologiche e la sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit) dell’Inail, intitolato “Analisi delle criticità e delle sfide gestionali legate alle apparecchiature delle centrali idroelettriche”.

Il rapporto, elaborato da C. Delle Site, M. del Gaudio, C. Piccolo, R. Modestino e P. Castellano, rappresenta il risultato di un’approfondita indagine sulla valutazione dei rischi ai quali sono esposti i lavoratori delle centrali idroelettriche, condotta dal laboratorio V del Dipartimento Dit Inail in collaborazione con l’Unità Operativa Territoriale di Avellino (Inail).

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Centrali idroelettriche e dighe: analisi dei rischi dei lavoratori

Il documento, riguardo alla valutazione dei rischi, ricorda che, per quanto riguarda le dighe, al di là dei possibili rischi per l’incolumità delle popolazioni che abitano nei territori a valle, il progetto ha approfondito soprattutto “i rischi a cui sono esposti i lavoratori addetti alla gestione ed alla manutenzione”.

Si indica, a questo proposito, che la centrale elettrica “presenta rischi per i lavoratori si­mili a quelli di grosse attività industriali ed altri specifi­camente legati all’attività”. E ricordando che spesso gli impianti sono ubicati in zone impervie e più raramente in zone abitate, è importan­te “evidenziare i rischi tipici di attività all’aperto ed in particolare l’esposizione alle basse temperature nella stagione invernale, ed a causa dei cambiamenti climatici, anche di temperature elevate nella stagione estiva. Le attività lungo il bacino e la condotta forzata espon­gono anche a rischi legati alla praticabilità dei luoghi”.

Si indica poi che negli ambienti al chiuso “sono pur presenti i rischi ter­mici e sono anche da verificare la stabilità delle strut­ture, la presenza di luoghi idonei per permanenza dei lavoratori (refettori, dormitori, servizi igienici ecc.) e di idonee vie di fuga in caso di emergenza”. Mentre i livelli di rumore, in prossimità delle turbine, se “sono normalmente superiori a 70 dB di livello equivalente”, possono, in realtà, “variare a causa della geometria degli ambienti e soprattutto dello stato di usura delle parti in movimento”.

Questi invece i rischi specifici a cui sono esposti i lavoratori durante le fasi di manutenzione:

  • “caduta dall’alto nell’ uso di scale o di trabattelli o piat­taforme o comunque da zone in quota con presenza o meno di parapetti;
  • scivolamento per superfici sconnesse o con presen­za di liquidi scivolosi;
  • caduta di oggetti più o meno voluminosi durante le operazioni di sollevamento di parti delle attrezzature;
  • traumi legati all’uso di utensili manuali;
  • rischio chimico connesso all’utilizzo di lubrificanti, vernici ecc. e all’inalazione di polveri;
  • rischi connessi all’uso di attrezzature a pressione;
  • rischio elettrico”.

Si segnala, infine, che gli spostamenti per raggiungere gli invasi e le centrali idroelettriche “possono essere occasione d’infortunio perché le vie di comunicazione sono spesso difficili da percorrere ed in alcuni casi è addirittura necessario l’u­tilizzo di mezzi speciali come l’elicottero”. Inoltre, le condizioni di percorribilità “possono inoltre risentire fortemente delle condizioni climatiche: nebbia, pioggia, gelo, neve”.

Centrali idroelettriche e dighe: impianti, prevenzione e DPI

Innanzitutto gli autori sottolineano che la migliore azione di prevenzione è “rappresentata da una costante attività di formazione ed informazione dei lavoratori”.

Si segnala poi che le maggiori criticità “si registrano nelle fasi di costruzione dell’invaso e della centrale o comunque nelle modifiche che riguardano sempre strutture complesse, e nelle attività di manutenzione che garantiscono la funzionalità della centrale ma anche l’efficienza dei sistemi di prevenzione automatici. In particolare, tutti i sistemi di regolazione delle portate, il controllo delle sovrappressioni ecc. sono azionate da sistemi idraulici e quindi da apparecchi a pressione di cui deve essere garantita l’efficienza e su cui è necessario effettuare le verifiche di prima installazione e periodiche”.

Anche gli impianti elettrici sono da manutenere e verificare costantemente, “per garantire l’efficacia dei sistemi di protezione attivi e passivi sia per la gestione dello sbarramento e della centrale di produzione e sia per la centrale di trasformazione collegata alla rete elettrica nazionale”.

Riguardo poi ai rischi ambientali è necessaria la massima attenzione sugli effetti del rumore che “è sempre presente nelle varie parti del sito”.

Si indica che, anche in questo caso, la manutenzione delle attrezzature “contribuisce alla riduzione delle emissioni sonore”, ma è tuttavia possibile studiare anche dei “sistemi di bonifica oppure una organizzazione del lavoro che riduca l’esposizione dei lavoratori”.

Riguardo al rumore si ricorda che, benché sia chiaro che “per livelli superiori a 80 dB occorre agire riducendo il livello con azioni di bonifica o in estrema ratio con l’utilizzo di DPI, per livelli superiori a 60 dB è spesso sottovalutato l’effetto extra uditivo che può comportare stress ed effetti sulla salute quali insonnia, gastriti ecc”.

Quando poi non è possibile ridurre l’esposizione ai rischi, “anche fornendo attrezzature specifiche, può essere necessario fornire ai lavoratori dei dispositivi personali di protezione. In particolare, oltre ad elmetti di protezione dagli urti, all’abbigliamento di protezione dagli agenti atmosferici, alle tute da lavoro e ai guanti di protezione saranno necessarie scarpe con rinforzi in acciaio e suole antiscivolo, otoprotettori e occhiali o schermi protettivi per gli occhi”.

Il documento riporta, infine, anche alcune indicazioni relative agli eventi infortunistici più diffusi.

Si indica che l’analisi dei dati statistici nel quinquennio 2017-2021, nel settore di produzione dell’energia, “evidenzia la prevalenza di eventi infortunistici conseguenti ad impatti che provocano lussazioni, fratture ed altri traumi agli arti ed alla colonna vertebrale e per le malattie professionali una prevalenza di patologie a carico del sistema osteoarticolare, di malattie oncologiche e del sistema uditivo e del sistema respiratorio”.

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