Diritto di accesso ai propri dati: la novità della corte di giustizia europea
Diritto di accesso ai propri dati: la novità della corte di giustizia europea è rilevante e può aprire un nuovo capitolo nello sviluppo della normativa sull’accesso ai propri dati.
La corte di giustizia europea ha pubblicato un importantissimo documento, afferente al diritto di accesso ai propri dati, da parte di un interessato.
Il tema dell’accesso ai propri dati, da parte dell’interessato, è spesso oggetto di contenzioso fra il titolare, che non vuole rilasciare i dati, oppure chiede una somma ingente per rilasciarli, e l’interessato, che ritiene di avere pieno diritto all’accesso gratuito ai suoi dati personali. Ecco perché questo documento della corte europea (26 ottobre 2023) è oltremodo importante, nel fare chiarezza tra diritti e doveri dei soggetti coinvolti.
La richiesta per un giudizio preliminare della corte di giustizia europea riguarda l’interpretazione dell’articolo 12 comma cinque, dell’articolo 15 comma tre e dell’articolo 23 comma uno, lettera e del regolamento europeo 216 / 679. L’oggetto del contenzioso riguarda una richiesta avanzata da un interessato nei confronti di un dentista, cui l’interessato aveva chiesto di fornire gratuitamente una copia della sua cartella clinica.
Il caso che farà scuola
Particolarmente interessante è la lettura del “considerando” numero 63, che testualmente recita:
(63) Un interessato dovrebbe avere il diritto di accedere ai dati personali raccolti che lo riguardano e di esercitare tale diritto facilmente e ad intervalli ragionevoli, per essere consapevole del trattamento e verificarne la liceità. Ciò include il diritto di accedere ai dati relativi alla salute, ad esempio le cartelle mediche contenenti informazioni quali diagnosi, risultati di esami, pareri di medici curanti o eventuali terapie o interventi praticati…
L’atteggiamento assunto dal dentista, che chiedeva il pagamento dei costi di fornitura della cartella clinica, nasceva anche dal fatto che l’interessato aveva dichiarato che egli avrebbe utilizzato i dati, presenti nella cartella clinica, per attivare una causa di responsabilità professionale, per trattamenti medici non appropriati.
Per fare chiarezza su questa situazione, la corte di giustizia federale della Germania ha deciso di rivolgersi alla corte di giustizia europea.
Per quanto riguarda il primo quesito, circa l’obbligo del titolare di fornire una copia dei dati al richiedente, la corte di giustizia europea ha confermato questo obbligo da parte del titolare, nei confronti dell’interessato.
Per quanto riguardava la seconda questione, circa il fatto che il titolare si era dichiarato disponibile ad offrire una sintesi dei dati, ma non una copia integrale, la corte di giustizia ha affermato che era pieno diritto dell’interessato ricevere una completa riproduzione di tutti i dati in possesso del titolare; in particolare, i dati afferenti a diagnosi, risultati degli esami, valutazioni fatte dal medico curante e qualsiasi altro trattamento od intervento, deciso dal medico.
Infine, per quanto riguarda il fatto che il titolare possa richiedere la corresponsione di una somma, per fornire tali dati, la corte di giustizia ha preso buona nota che questa prescrizione può rappresentare una forma di protezione degli interessi economici del titolare. Tuttavia, questa facoltà, prevista in una precedente legislazione tedesca, viene fortemente limitata dall’entrata in vigore del regolamento generale europeo, ove invece si afferma che la fornitura dei dati deve avvenire senza costi per il richiedente.
Leggiamo infatti l’art. 12, comma 5, che afferma:
5. Le informazioni fornite ai sensi degli articoli 13 e 14 ed eventuali comunicazioni e azioni intraprese ai sensi degli articoli da 15 a 22 e dell’articolo 34 sono gratuite. Se le richieste dell’interessato sono manifestamente infondate o eccessive, in particolare per il loro carattere ripetitivo, il titolare del trattamento può:
a) addebitare un contributo spese ragionevole tenendo conto dei costi amministrativi sostenuti per fornire le informazioni o la comunicazione o intraprendere l’azione richiesta; oppure
b) rifiutare di soddisfare la richiesta.
Incombe al titolare del trattamento l’onere di dimostrare il carattere manifestamente infondato o eccessivo della richiesta.
Infine, il richiedente non ha alcun obbligo di fornire al titolare le motivazioni, sulla base delle quali egli ha avanzato la richiesta di accesso ai dati.
Diritto di accesso ai propri dati, in sintesi
Come i lettori possono ben vedere, si tratta di un giudizio preliminare estremamente importante, perché, nell’ambito di armonizzazione delle interpretazioni della corte europea, in materia di protezione dei dati, questa disposizione ha immediato valore in tutta Europa.
È bene che i titolari del trattamento prendano buona nota di queste indicazioni, per evitare l’attivazione di un contenzioso con l’interessato, che, alla luce di questo giudizio, potrà portare solo ad una dichiarazione di responsabilità da parte del titolare, per il mancato rispetto delle disposizioni legislative in materia di accesso ai dati, da parte di un interessato.