Per una nuova cultura del risk management in Italia. Modelli innovativi al passo con i tempi

“Non intraprendere nulla a caso”

(Marco Aurelio)


Più di un terzo delle imprese italiane, prevalentemente rappresentate nel segmento delle PMI, ha registrato un aumento del proprio profilo di rischio negli ultimi anni. Oltre la metà ritiene che, nel prossimo futuro, aumenteranno ancora di più ed in maniera esponenziale; di pari passo con il costante ammodernamento ed innovazione tecnologica che accompagnerà gran parte dei programmi di “Impresa 4.0”.

Detta così, sembrerebbe quasi una contraddizione in termini, purtroppo la realtà rappresentata è questa; pur fatte le debite e virtuose eccezioni che pur esistono.

Evidente come l’approccio alla gestione dei rischi non corre su binari paralleli mentre, spesso e volentieri, lo consideriamo come un’evoluzione diretta insita già nei cambiamenti; quindi frutto consequenziale di un processo complessivo.

Non è nella prassi sempre così: in alcuni casi manca proprio una corretta percezione delle minacce di rischio”, in alcuni casi del tutto sottovalutate o, addirittura, non avvertite nella loro reale dinamica ed escalation negativa.

Per contro, invece, dove c’è una maggiore consapevolezza, pur non sempre chiarissima negli effetti a catena che determinate condotte possono determinare, la classificazione delle preoccupazioni si concentrano prevalentemente sugli aspetti produttivi-operativi, poco su quelli finanziari ed indirettamente societari.

In generale ed in entrambi i casi, poche sono le imprese dotate di procedure formali standardizzate; in possesso di evoluti sistemi di gestione di trattamenti e monitoraggio dei rischi.

I rimedi possono essere ricercati solo mettendo in atto una pratica virtuosa di sensibilizzazione alla cultura del risk management: disciplina spesso bistrattata, semplificata, non compresa per la reale portata strategica, di prevenzione e di salvaguardia anche di vite umane. Qualora volessimo restringere il campo solo e strettamente ai rischi delle persone nei luoghi di lavoro; almeno quelli!  E visti i reiterati episodi di tragiche morti sul lavoro alle quali abbiamo assistito in queste ultime settimane. In Italia si muore ancora, purtroppo, anche di lavoro!

Uno strumento indispensabile è quello di implementare un buon programma di “strategy & risk consulting”: attività sicuramente poco praticata e conosciuta; ma fondamentale per un approccio consapevole, capace di analizzare e fornire sempre un’esaustiva “chiave di lettura” di tutti i processi aziendali. Pertanto rivolta ad evidenziare, con un metodo analitico, diretto e pratico, una immediata ricerca della migliore soluzione nell’ambito di applicazione. Il tutto evitando conflittualità, ricercando sinergie e nuove opportunità, valore aggiunto e benefici sia di carattere economico, quanto imprenditoriale.

Spesso l’area di competenza e d’intervento della strategy risk consulting viene confusa con le attività di risk management vero e proprio, a cui sicuramente fa riferimento per l’estrapolazione di dati, parametri, strumenti analitici; ma in realtà ausiliare anche alla più sofisticata e complessa disciplina dell’audit & compliance, in un puntuale lavoro di affiancamento dell’azienda e dell’imprenditore attraverso un programma operativo, pratico e non solo normato dal classico manuale d’istruzioni da consultare al bisogno contingente.

Il modello, prettamente operation, si sviluppa su più fasi d’intervento a partire dalla stesura di un check up trasversale, orizzontale e verticale, dove l’organigramma aziendale, in tutte le sue componenti, verrà passato al “setaccio” e messo sotto una “lente d’ingradimento” proprio per far risaltare ed emergere tutte le aree di miglioramento e sviluppo (strategy) ed allo stesso tempo, contenere e ridurre tutte le componenti di criticità evidenti e latenti (risk).

Analizzare quanto la cultura della gestione dei rischi sia diffusa all’interno di ogni azienda permette di saper meglio indirizzare tutto l’impianto ed apparato formativo, valido, efficace e non solo di forma, del “perché si deve fare” per adempiere a qualche obbligo di Legge. Ma non solo: quanto saper veramente prevenire rischi, perlomeno ridurli e contenerli, avere veramente a cuore chi lavora nelle aziende.

Per chi fa impresa, in qualsiasi ambito o settore, il “capitale umano”, dovrebbe sempre rappresentare il “primo patrimonio” indissolubile, alla stregua del “capitale sociale”!


Giuseppe Pino, Owner & Founder di “Pino Management & Partners”; Presidente di CONFASSOCIAZIONI SUD ITALIA, Socio di AIFIRM [Associazione Italiana Financial & Industry Risk Managers].

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